La Via Lattea. Candor di giglio, inganno divino

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La via lattea. Foto da repubblica.it.
Ardano attraverso la notte lungamente
le stelle lucentissime.
[Ibyc., trad. it. S. Quasimodo]
Ecco gli splendidi versi di Ibico che accompagnano queste mie notti stellate fatte di nasi in su e desideri segreti…
Quale momento migliore per iniziare il mio nuovo progetto dal titolo “La volta celeste”? Approfondiremo insieme i miti delle costellazioni, le divinità che danno il nome ai corpi celesti, i riti, i culti e le credenze antiche ad essi relativi, senza mai dimenticare gli schemi iconografici e gli approfondimenti tematici sulla ceramica.
Spero tu voglia accompagnarmi in questo viaggio astrale… Pronti? Partenza…via!

Nel silenzio notturno, con telescopio e mappa stellare in mano, passo le mie notti scrutando il cielo e osservando stelle, costellazioni e pianeti. Si acquieta il mio animo, sorridono i miei occhi… La mia passione per l’astronomia non è ormai un mistero e in passato ho già approfondito Luna e Marte, ma facciamo un piccolo passo indietro: oggi parleremo della Via Lattea!

Essa contiene almeno 2∙1011 stelle, ma come gli antichi spiegavano la sua creazione? Qual è il mito eziologico?

Piccolo spoiler: la Via Lattea è frutto di un inganno divino…  giuro!

Il mito narra che Zeus tradì la moglie Hera con diverse mortali, una di queste fu la bellissima Alcmena. Da questa unione nacque uno degli eroi più famosi del mito, Herakles.

Egli era un semidio, ma l’immortalità non fu per lui una condizione ereditaria. Si narra, infatti, che l’unico modo per ottenerla fosse quello di succhiare il latte dal seno della madre degli dei, Hera per l’appunto!

Serviva uno stratagemma perché di certo la dea non avrebbe mai acconsentito a un tale affronto. Zeus aspettò che la moglie si addormentasse per porre sul suo petto il bimbo affinché si nutrisse del latte divino (secondo alcuni fonti complice fu Hermes, colpevole di aver posato lui il bambino sulla dea).

Herakles, già in possesso della sua celebre forza sin dalla nascita, afferrò con veemenza uno dei seni della dea addormenta e la svegliò. Ella respinse con un gesto improvviso il bambino  e fu così che uno zampillo di latte schizzò verso il cielo. L’inganno era tuttavia compiuto e Herakles ottenne l’immortalità!

Il latte fuoriuscito formò in cielo una striscia che prese il nome di Via Lattea, dalle gocce che invece arrivarono sulla terra nacque il giglio, fiore sacro ad Hera (per approfondire gli attributi iconografici ti rimando all’articolo Tutta questione di attributi…).
Vi è, tuttavia, un’altra versione del mito.

Alcmena, spaventata della gelosia di Hera, avrebbe nascosto il figlio nei pressi di Argo, in quella che poi prese il nome di “Pianura d’Eracle”. Un giorno passarono di lì Atena e Hera e la prima si stupì a tal punto della forza manifesta del bambino che propose alla seconda di allattarlo. Hera, ovviamente ignara di chi fosse in realtà il piccolo, accettò per poi scagliarlo lontano una volta che sentì il dolore causato dalla forza di Herakles nel succhiare.

In entrambe le versioni è innegabile il rapporto tra i due protagonisti, sottolineato anche dall’etimologia del nome dell’eroe: Herakles letteralmente significa “gloria di Hera”!

Soffermiamoci adesso sui reperti sui quali è raffigurato il mito.

Famosa è la lekythos apula del Pittore del lattante. La scena si rifà alla seconda variante del mito, infatti Hera è cosciente e favorevole ad allattare il bimbo. Di fronte alla dea è Atena, che reca sulla sinistra un fiore, presumibilmente un giglio, e alle spalle vi sono Iris, messaggera degli dei (come Hermes), e Afrodite seduta e che reca sulla sinistra uno specchio e nella destra una corona di fiori.

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Pittore del lattante, lekythos (360-350 a.C.). Londra, British Museum, inv. F107. Foto da theoi.com.

Tra le gemme romane spiccano due esemplari nei quali si vede il piccolo attaccato al seno divino.

Nel primo esemplare la scena mostra solo Hera e un Herakles non più in fasce, seppur in tenera età. Non si evince se la dea sia cosciente o addormentata, ma certamente è sdraiata e ciò farebbe supporre la rappresentazione della prima variante del mito.

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Gemma in corniola, T348. Foto da Archivio Beazley.

Nel secondo esemplare, invece, la dea è sveglia e cosciente, è lei stessa che sorregge il bambino e lo nutre. Accanto vi è Giove che assiste e incita la dea con il braccio destro proteso in avanti. Da notare gli animali presenti nella scena, attributi delle due divinità: pavone per Giunone (Hera greca) e aquila per Giove. A mio parere essa mostra i due elementi fondamentali delle due versioni del mito: l’inganno di Zeus dalla prima e l’accondiscendenza di Hera nella seconda.

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Gemma in sardonica, T347. Foto da Archivio Beazley.

In entrambi i casi non sono presenti Atena o Hermes.

Spero di aver solleticato la tua curiosità per questo mio nuovo progetto… ti aspetto per il prossimo articolo!

Che ne pensi di queste opere? ti è piaciuto questo articolo? vuoi condividere con me e gli altri utenti un tuo pensiero o un approfondimento? hai qualche curiosità in particolare?

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Ti sei perso qualche articolo? Nessun problema, vai sulla pagina Schema articoli del blog e cerca il mito o l’approfondimento che più ti interessa tra quelli già pubblicati… buona lettura!

 

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Un commento

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