In cosa consiste la libagione?
La libagione consisteva nel versare liquidi in favore delle divinità, durante l’atto fondamentale era la preghiera:
infatti la «libagione» rappresenta una forma di invocazione e di preghiera rivolta al dio: si riempie la coppa per pregare gli dei, la si porge colma all’ospite con l’invito a pregare anch’egli. La «libagione» è dunque condizione necessaria per ogni corretta invocazione divina.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 171]
I vocaboli della libagione
I Greci usavano diversi termini per indicare questo atto e la distinzione avveniva in base al recipiente usato e a come era adoperato:
I Greci adoperavano, accanto ai termini poetici leíbein, loibé, due vocaboli in cui evidentemente si incontrano tradizione anatolica e indeuropea: spéndein, spondé da una parte, chéein, choé dall’altra; spéndein si riferisce in modo caratteristico al vino, al prodotto mediterraneo, pur esistendo anche choaí con vino e spondaí con miele, olio e acqua. La distinzione dipende innanzitutto dal recipiente impiegato e da come esso viene maneggiato: spondé è riferito alla brocca tenuta in mano o alla coppa con getto direzionato, choé significa rovesciare e vuotare completamente un recipiente più grande, sorretto da qualcuno o appoggiato per terra. La choé vale per i morti e gli dei «ctonî»*; ma per gli chthónioi si può parlare anche di spondaí.
Si ha la spondé ogni qual volta si beve vino: prima di bere quanto vuole, l’uomo versa una «libagione», come si prescrive nella formula già in Omero**.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 170-171]
*Le divinità ctonie sono quelle legate alla terra e agli Inferi, che abitano dentro la terra.
**Cfr. Hom. Il. 9, 177.
la libagione: imprescindibile rinuncia
La libagione rientra nel complesso mondo dell’invocazione e della preghiera rivolta alla divinità, segue un preciso svolgimento ed è imprescindibile in ogni rituale: prima di versare da bere a un ospite, con l’invito di pregare anch’egli prima di bere; prima di un viaggio; prima e in conclusione dei sacrifici animali; durante la commemorazione dei defunti; nei riti di necromanzia; prima di un matrimonio o della partenza di un guerriero.
La caratteristica della libagione è che è un atto irrecuperabile: ciò significa che, a differenza delle altre offerte di cibo, il liquido versato non può essere recuperato né si può consumarlo, come invece accade nei sacrifici animali dove carni e interiora della vittima vengono consumati. Ecco perché, come afferma Burkert (p. 173):
la libagione è la forma più pura e raffinata di rinuncia
i liquidi nelLa libagione
I liquidi versati erano principalmente tre:
- VINO – non di rado mischiato col miele nella commemorazione dei defunti e nei sacrifici. Ne venivano versati crateri pieni in mare dalla poppa delle navi per propiziare la partenza; se ne versava per invocare la buona riuscita in battaglia; veniva versato sulle fiamme dell’altare a compimento dei sacrifici; veniva versato dal sacerdote officiante tramite una phiale sull’altare delle divinità.
- ACQUA – veniva versata prima dei sacrifici per la «lavanda delle mani», sulle tombe per placare la «sete» dei defunti e per le sepolture di un defunto non sposato, in modo da ricevere il bagno nuziale;
- OLIO – veniva usato per ungere le stele tombali, come simbolo del defunto unto e adorno per la festa come i vivi, e versato su pietre e luoghi particolari, come crocicchi.
Iconografia e immagini vascolari sulla libagione
Lo schema iconografico nelle scene di libagione è in genere quello dove l’officiante versa con un vaso (es. phiale, chous, oinochoe) del liquido in onore delle divinità. In queste scene il protagonista è solo, seguito da un corteo o ancora accerchiato da poche persone. Il liquido è versato su un altare, una tomba, di fronte a un simulacro divino (erma, maschera). Non di rado l’atto è compiuto anche da divinità.
Vediamo qualche esempio:
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