Le Anthesteria si svolgevano ad Atene dall’11 al 13 del mese di Antesterione, compreso tra febbraio e marzo.
Il nome è comunemente collegato con anthos («fiore»), da cui si evince il carattere di natura ctonia e dionisiaca della festa. Era una ricorrenza legata alla rinascita, al rifiorire della natura in primavera, e protagonisti erano le pratiche iniziatorie dei bambini al vino e i riti funebri in onore dei defunti morti in tenera età.
Il primo giorno, detto Pithoigia (“apertura delle giare”)
Era dedicato a Dioniso tramite preghiere e una processione che accompagnava l’offerta del vino nuovo al tempio del dio.
Grazie allo storico ateniese Fanodemo sappiamo qualche dettaglio in più: «Al santuario di Dioniso “en limnais” [“vicino alle paludi”] gli Ateniesi solevano miscelare, spillando dalle botti, il nuovo vino, che vi avevano trasportato, per il dio e assaggiarne poi essi stessi…Soddisfatti della miscela, intonavano canti a Dioniso, danzavano e lo invocavano chiamandolo il Belfiorito, il Ditirambo, il Furente, l’Impetuoso» [Burkert 2010, p. 438].
Il giorno era dedicato ai preparativi e il santuario era aperto solo al tramonto, dopo il quale le giare trasportate durante il giorno venivano rotte in onore del dio.
Il secondo giorno, detto delle Choes (“boccali”)
Prevedeva l’arrivo in città di un simulacro di Dioniso su un carro, gare di bevute, nelle quali i partecipanti (compresi gli schiavi) si sfidavano a svuotare una chous piena di vino al suono di una tromba, e l’iniziazione al vino dei bambini maschi a partire dai tre anni. I bambini morti prima di quell’età, e quindi impossibilitati all’iniziazione, erano seppelliti con la loro piccola chous mai usata. Nel repertorio iconografico attico spiccano, infatti, queste choai con raffigurati bambini con giocattoli, come la palla, con amuleti, con maschere di Dioniso o in compagnia dei fratelli.
Durante tale giorno si spalmava della pece sulle porte delle case e si comprava una ramo di biancospino per proteggersi dalle anime dei defunti (“Chere”) che avrebbero vagato per la città. I santuari erano chiusi e si bloccava qualsiasi forma di attività pubblica. Vi era l’usanza, inoltre, di indossare maschere di Dioniso, di fare cortei di carri dai quali erano lanciati insulti al pubblico e di celebrare “nozze sacre” notturne tra una fanciulla e il dio, in ricordo dell’unione di Dioniso e Arianna.
Il terzo giorno, detto Chytroi (“pentole”)
Era consacrato ai defunti tramite l’offerta di cereali e sementi cotti dentro delle pentole e offerti ai defunti mischiate con del miele. Alla fine della giornata le anime venivano rispedite nell’oltretomba al grido “θύραξε καρες” oppure “θύραξε κηρες, ουκέτ Άνθεστήρια («Via di qui spiriti, le Antesterie sono finite!»).
Il terzo giorno, infine, era sacro a Ermes ctonio, a cui si offrivano grano, legumi, miele, dolci, incenso e animali (maialini, capretti e agnelli).
Dal punto di vista iconografico, molti sono i reperti vascolari relativi a questa festa. Abbiamo le già citate choai dei bambini e vasi con l’effigie di Dioniso attorno al quale giovani fanciulle danzano o i bevitori barcollano dopo l’ubriacatura.
Riferimenti Bibliografici:
W. Burkert, La religione greca, trad. it. G.Arrigoni, Jaca Book, Milano 2010, pp. 437-444.
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