Quello di Dioniso e i pirati è un mito descritto nell’Inno Omerico 7, dedicato al dio, e presente anche nella produzione vascolare attica.
DIONISO E I PIRATI. IL MITO
Il dio era su un promontorio a ridosso del mare e aveva preso le sembianze di un giovane nel fiore dell’età, con capelli scuri e fluenti e un mantello purpureo.
Dei pirati tirreni lo scambiarono per il figlio di un sovrano e lo rapirono per scoprire dove tenesse le sue ricchezze e dove fossero i suoi amici e parenti al fine di derubare anche loro. Una volta portato sull’imbarcazione, tentarono di legarlo ma i nodi non si stringevano e i lacci cadevano vicino a mani e piedi del dio, che rimaneva seduto e rideva della stoltezza dei pirati.
Solo il timoniere riconobbe in lui un dio e disse ai compagni di non fargli del male e di ricondurlo sano e salvo alla riva per non provocare la sua ira. Nessuno lo prese sul serio e il capo lo zittì con aspre parole e tacciandolo di codardia.
ed ecco la vendetta divina…
«Ma presto si manifestarono a essi dei prodigi:
prima sulla nera nave veloce si diffuse un gorgoglio di vino
fragrante, dolce da bere, e ne emanava un profumo soave:
tutti i marinai furono presi da stupore, a questa vista.
Poi dall’alto della vela germogliò una vite,
da entrambi i lati, e penzolavano giù molti
grappoli; attorno all’albero si avvolgeva un’edera scura,
densa di fiori, e vi crescevano amabili frutti;
tutti gli scalmi portavano ghirlande. Allora, vedendo ciò,
essi dissero al timoniere di spingere di nuovo la nave
a terra; ma il dio, a prua della nave, si trasformò
in leone terribile, dal ruggito altissimo, e al centro
creò l’immagine prodigiosa di un orso dal collo villoso.
L’orso si erse minaccioso, e il leone da prua
lanciava sguardi feroci; essi si rifugiarono a poppa,
stringendosi al timoniere, che aveva mostrato saggezza,
e si fermarono terrorizzati; il dio con un balzo improvviso
ghermì il capo, e gli altri a questa vista tutti insieme
si gettarono fuori nel mare lucente, per evitare la morte,
e diventarono delfini. Del timoniere però ebbe pietà […]»
[Hom. 7, 34-53. Trad. it. G. Zanetto, Milano 1996, p. 185]
Terribile fu, quindi, l’ira di Dioniso.
Leggendo attentamente questi versi, però, l’idea che viene in mente è quella di una scena di ubriacatura collettiva: «si diffuse un gorgoglio di vino/fragrante, dolce da bere », i marinai videro germogliare fiori, nascere frutti, moltiplicarsi ghirlande e animali aggressivi pronti ad attaccare. Sembra il racconto di uomini troppo ubriachi per vedere la realtà e alle prese con visioni tipiche di chi avrà un bel mal di testa il giorno dopo! Possiamo carpire, quindi, una grande verità che consiste nel non porre mai limiti al potere del vino, alla magnificenza divina e, soprattutto, alla stoltezza umana…
La kylix di Exekias
Il mito di Dioniso e i pirati è rappresentato su un capolavoro del pittore Exekias (550-525 a.C.): è la kylix attica a figure nere ABV 146.21, conservata all’Antikensammlungen di Monaco (inv. 8729).
Su entrambi i lati sono dipinti due grandi occhi con un naso al centro. Ai lati degli occhi sono presenti guerrieri in combattimento. Sotto le anse, sfruttando il poco spazio in orizzontale a disposizione, Exekias dipinge due figure sdraiate: sono un uomo nudo e un guerriero caduti in battaglia.
Nel tondo interno, è rappresentato Dionisio sdraiato su un’imbarcazione, dalla quale si erge una splendida vite colma di grappoli, che fluttua circondata da sette delfini. La vite, attributo iconografico del dio, si dispone a ombrello, seguendo la forma della coppa, e i delfini sono raffigurati in modo che lo sguardo sia proiettato verso il centro, infatti, non nuotano tutti verso un’unica direzione: i quattro a destra e i tre a sinistra si dirigono verso l’imbarcazione. Danno il senso del nuotare intorno a essa.
Dioniso presenta sul capo una corona di edera e nella destra un corno potorio, suoi attributi iconografici. Il dio è raffigurato nella sua dimensione beata, metafora della vita felice che solo gli dei possono condurre. A ben guardare, infatti, egli naviga come nell’oblio della beatitudine, coi remi legati insieme su un lato dell’imbarcazione e fermi.
[Per approfondire questa kylix, si rimanda a La solitudine eroica e la beatitudine divina nell’arte di Exekias].
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