La purificazione nell’antica Grecia

Analizzando i riti dell’antica Grecia, abbiamo già affrontato temi come la preghiera, la libagione e il sacrificio. Proseguiamo il progetto concentrandoci sulla purificazione.

La purificazione come catarsi dall’immondo

Il termine greco per «purificare» era kathaírein: è un rito che si basa sulla eliminazione della sporcizia. Questa non è solo fisica, ma prodotta anche da atti empi che una persona compie nella sua vita e come tale può essere ripulita, cancellata, dimenticata. L’atto della riconquista di tale status di catarsi, di superiorità, è appunto la purificazione:

Purificazione è pertanto un processo sociale. Chi vuol essere conformato al gruppo deve corrispondere al comune standard di «purezza»; immondo è l’abietto, l’outsider, il ribelle.

(…)

Così i riti di purificazione fanno ovunque parte del sacro e di tutte le forme di iniziazione; ma vengono anche impiegati in situazioni critiche, quali pazzia, malattia, senso di colpa. In questi casi, in cui corrisponde a uno scopo ben definito, il rito acquista carattere magico.

         [W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 179-180]

I metodi di purificazione e le forze sovrannaturali

II mezzi usati per compiere il rito nell’antica Grecia erano i seguenti:

  1. l’acqua – di certo il mezzo più diffuso;
  2. il suffumicare – riempiere un ambiente di fumo per eliminare i cattivi odori e per la disinfezione;
  3. il fuoco;
  4. lo staccio per il grano – era una strumento usato per setacciare il cereale dalla pula. Quando l’attrezzo oscillava sopra la testa della persona da purificare: così come la pula veniva portata via dal vento, così essa veniva purificata;
  5. le cipolle marine (skílla) – essa veniva sbucciata per essere ripulita e, per analogia, l’immondo viene estirpato anche dalla persona che si sottopone al rito;
  6. sacrificio cruento

Ciò che viene eliminato con la purificazione era considerato come un dono a sinistre potenze sovrannaturali (delle quali non si deve assolutamente pronunciare il nome), che da Senocrate in poi saranno definiti daímones [per un approfondimento si rimanda a Romeo, A., Mάγος καὶ Mαγεία. La magia nella tradizione letteraria greca. Antrocom J. of Anthropology 16-1(2020) pp. 55-69]. Si tendeva, infatti,

a far risalire ogni sorta di sciagura a un’antica «contaminazione», al «rancore» (ménima) di una potenza occulta. Dalla pratica del rito, dall’immagine dell’«impurità» si sviluppa un concetto di colpa: purificazione diventa espiazione.

          [W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 182]

Gli officianti e la distinzione tra sacro e profano

Col tempo comparvero dei veri e propri «sacerdoti della purificazione», i katharthaí:

promettevano rimedio in caso di epidemie e discordie civili. Il più famoso  di essi, Epimenide di Creta, purificò Atene, prima dell’anno 600, dal «sacrilegio ciloniano».

          [W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 182]

 

Esistevano anche delle sacerdotesse, che dovevano necessariamente conservare intatta la loro verginità per officiare un rito di purificazione. La castità era richiesta anche ai sacerdoti di sesso maschile e non era consentito anche avere contatti con partorienti, con persone che avevano subito un lutto, con cibi specifici. Il digiuno per alcuni giorni o la mancata detersione del corpo erano indicati prima dell’officio solo in determinate circostanze.

La distinzione tra puro e immondo rendeva necessaria una divisione tra la sfera sacrale del santuario dal resto del mondo profano e i suoi abitanti. Ecco la necessità di detergersi le mani e vestirsi di bianco prime di entrare nei santuari:

Agli ingressi dei santuari son collocati recipienti per l’acqua, perirrhantéria, corrispondenti alle acquasantiere delle chiese cattoliche: chi entra vi immerge la mano e si bagna con l’acqua (…). Non sono pochi i santuari con una propria sorgente o pozzo, altrimenti l’acqua doveva essere portata da molto lontano, da una «sorgente perenne» oppure dal mare particolarmente potente, La vergine «portatrice d’acqua» con la brocca sul capo, la hydrophoróros, fa parte della cornice del servizio divino e appare sovente anche nelle terrecotte votive.

          [W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 183]

 

Donna alla fontana. Foto da Archivio Beazley.

 

gli eventi impuri dai quali purificarsi

La «contaminazione» (mýsos, míasma) necessita di un rito di purificazione. Gli eventi impuri non sono solo quelli moralmente deprecabili, ma anche quelli che comportano un inevitabile cambiamento nella normale vita quotidiana: nascita, rapporti sessuali, morte, omicidio, epidemie e malattie. Essi, infatti, sono

turbamenti che fanno deviare la vita tutti i giorni dal suo percorso vengono circoscritti e superati grazie all’imperativo della «purificazione», proprio perché non possono essere semplicemente evitati o rimossi.

(…)

Trasferire l’anormale nella normalità, a questo deve servire la «purificazione».

          [W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 185-186]

Immagini vascolari, testimonianze del rito di purificazione

Le immagini vascolari sono esplicative per noi che li osserviamo e danno una precisa idea di come i riti si svolgevano. Sono utilissime soprattutto a comprendere la catarsi dell’omicida:

il maialetto viene tenuto sopra la testa della persona da purificare, il sangue deve sgorgare direttamente sul suo capo e le sue mani. Il sangue viene poi naturalmente lavato, la riottenuta purezza sarà così manifesta anche esteriormente.

Tale «purificazione» è in fondo chiaramente un rite de passage. L’omicida si è posto fuori dalla comunità; il suo reinserimento a un nuovo livello è pertanto una forma di iniziazione.

(…)

L’essenziale sembra però essere che colui, che si è macchiato di sangue, venga di nuovo in contatto con il sangue: si tratta di una ripetizione dimostrativa, e appunto perciò innocua, dello spargimento di sangue, laddove la conseguenza, la «macchia» visibile, può essere altrettanto dimostrativamente eliminata; il delitto viene così non rimosso, bensì superato.

[W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 188-189]

 

Esempi di scene con il rito di purificazione sono quelle riferite all’espiazione della colpa da parte di Oreste dopo aver ucciso la madre Clitennestra e il suo amante Egisto, colpevoli a loro volta dell’omicidio di Agamennone, padre del giovane eroe.

Purificazione di Oreste con maialino. Foto da wikipedia.org.

 

Apollo purifica Oreste con foglie di alloro e sangue. Foto da britishmuseum.org.

 

***

Che ne pensi di queste opere? ti è piaciuto questo articolo? vuoi condividere con me e gli altri utenti un tuo pensiero o un approfondimento? hai qualche curiosità in particolare?

Non aspettare: commenta questo post!

SEGUIMI ANCHE SULLA PAGINA UFFICIALE DI FACEBOOK, TI ASPETTO!

Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata qualsiasi forma di riproduzione parziale o totale del testo e delle immagini di questo sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

error: Contenuto soggetto a copyright