Gli strumenti musicali: la lyra

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Eucharides Painter, lekythos, Paul Getty Museum inv. 73.AE.23 (500-450 a.C.)

Perché a noi i fuori programma piacciano tantissimo! Il progetto finalizzato ad illustrare gli strumenti musicali nell’antica Grecia è iniziato qualche giorno fa con la pubblicazione di un approfondimento sull’aulòs. Oggi, invece di continuare con la sezione degli aerofoni, esaudiamo la richiesta di Maria Costanza, creatrice dell’interessantissimo De amore gallico, blog che consiglio a tutti di seguire. Oggi analizziamo la lyra!

Gli strumenti musicali nell’antica Grecia sono numerosi e le immagini vascolari sono una fonte essenziale per capirne struttura e utilizzo. Iniziamo…

La lyra fa parte della sezione dei cordofoni ed infatti è uno strumento a corde.

È costituita da una cassa armonica, l’echeion, che altro non è che il carapace di una testuggine (vedi immagine di copertina). Ad essa erano fissati due bracci (pekeis) o corna (kerata) uniti alla sommità da una traversa di legno di quercia (zigon), sulla quale erano avvolte le corde, tese su un piccolo ponte (magas) e attaccate al chordotonion, posto nella parte inferiore della cassa, con anelli mobili (kollaboi) di cuoio o tessuto. Il numero delle corde è variabile (da 3 a 12), ma sempre di uguale lunghezza.

Queste parti subito delle modifiche nel corso del tempo:

echeion: carapace di testuggine prima, armature di legno della stessa forma ma rivestite di laminette d’avorio o osso poi.

bracci: corna di capra o di ariete prima, di legno con la stessa forma poi.

corde: intestini di montone (chordai) prima, nervi (neurai) dello stesso animale poi.

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Parti della lira

Questo strumento si suonava con un plettro (plektron), fatto di materia dura (legno, corno, avorio, metallo, pietra preziosa) e con una particolare forma terminante con un uncino o a punta. Esso era fisso alla lira perché attaccato tramite una cordicella. Per poterla suonare si usava la stessa tecnica odierna per le chitarre: la mano destra col plettro e la sinistra pizzicava le corde dal lato opposto al ponte.

MITO

Come quasi ogni cosa nell’antichità, anche questo strumento affonda le sue radici nel mito.

La lira fu inventata da Ermes.

A poche ore dalla nascita, il dio scappò dalla culla e raggiunse la Tessaglia, dove rubò dodici vacche al fratello e dio Apollo, che nel frattempo si era distratto per assecondare la sua passione per il giovane Imeneo. Attaccò le loro code ad un ramo e le portò in giro per tutta la Grecia, fino a Pilo. Qui sacrificò agli dei due degli animali rubati, nascose il resto della mandria e si rifugiò nella grotta dove nacque, sul monte Cillene. All’ingresso di essa trovò una testuggine e, svuotando questa e usando le budella e le corna degli animali sacrificati, fabbricò la prima lira.

Apollo, infuriato per il furto subito, giunse a Pilo e scoprì, grazie alla spia di un vecchio di nome Batto, l’autore del furto. Andò, quindi, a protestare con la madre di Ermes, Maia, ma lei gli mostrò come il piccolo stesse dormendo beatamente nella culla! Alla fine i due fratelli raggiunsero un accordo: Apollo avrebbe lasciato le vacche ad Ermes e il piccolo in cambiò avrebbe donato la lira ad Apollo, che nel frattempo era rimasto affascinato dal suo suono.

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Apollo suona la lira alla presenza di Ermes. Haimon Painter, lekythos, Palermo – Collezione Mormino inv. 303
DIFFERENZE CON LA KITHÀRA (CETRA)

Spesso la lira è confusa con un altro strumento a corde, la khitàra (cetra). Quest’ultima ha le seguenti caratteristiche rispetto alla lira:

  • è uno strumento più complesso
  • cassa di risonanza in legno, più grande e a forma di trapezio
  • dimensioni maggiori
  • suono più ampio e altisonante
  • diverso numero di corde
  • per suonatori professionisti
  • usata nelle competizioni musicali

Anch’essa, tuttavia, era suonata con un plektron, attaccato allo strumento tramite una cordicella.

Le immagini ci aiuteranno a capire all’istante la complessità della kithàra rispetto alla lira:

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Nike in volo che suona una kithàra. Neck-amphora, Christie’s Market inv. 45143 (500-450 a.C.)
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Eros con una lyra. Providence Painter, lekythos, Sotheby’s Market inv. 7460 (475-425 a.C.)
 Riferimenti bibliografici:

ARV² : BEAZLEY J. D., Attic Red-Figure Vase-Painters, Oxford 1963.

A. D’AMICIS, L’arte delle Muse, Spazio M.Ar.Ta., Taranto 1999.

A. Romeo, La sezione dei cordofoni nella musica greca antica. Lyra, kithara e barbitos, in InStoria 116/2017.

S. SARTI, La kithara greca nei documenti archeologici, in Revue belge de philologie et d’histoire 81, 2003, pp. 47-68.

E. WELLESZ (a cura di), Storia della musica. The New Oxford History of Music. Vol. 1, Musica antica e orientale, trad. it. G. Tintori, Feltrinelli, Milano 1987 (ed. orig. New Oxford History of Music, I. Ancient and Oriental Music, Oxford University Press, London 1957).

L. M. West, Ancient Greek Music, Clarendon Press, Oxford 1994.

 

AGGIORNAMENTO 22/9/2017: Questo articolo è uno dei miei lavori più copiati, rimaneggiati e spacciati come opere altrui.
Ringrazio, invece, tutti quelli che condividono in maniera corretta e rispettando la mia dignità creativa.

 

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N.B. Tutte le immagini dei vasi di questo articolo sono tratte dal Beazley Archive.

 

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8 commenti

  1. Grazie, sia per aver soddisfatto la mia curiosità, sia per avermi citata. Mi è piaciuto moltissimo, specialmente perché la struttura della lira è stata svelata: il carapace e la sua funzione hanno sempre costituito un forte mistero per me, profana di ogni cosa che riguardi la musica e l’acustica da un punto di vista tecnico.

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  6. silvia goi

    Alcune informazioni accurate e preziose, specialmente per le documentazioni iconografiche. La kithara risulta subito riconoscibile ( e i testi specializzati abbonfdano di riferimenti) – ma la sovrapposizione di funzioni e la storia più lunga pare proprio quella riferibile alla lyra. Anche se consideriamo solo quella più propriamente definita in questo modo, individuiamo già almeno tre tipologie emergenti negli articoli del blog: lyra ‘originaria’, arcaica, nella quale il carapace della tartaruga è ben visibile; la lira romana ( il vero strumento caratteristico dei poeti latini – quella di Nerone, per intenderci) e la sua evoluzione medievale e rinascimentale. Da queste poche righe si evince già una varietà abbastanza grande. Quanto poi alla lira cretese, alla lira da braccio, all’arpalira – be’, si tratta certo di sviluppi ulteriori che non sarerbbero propriamente da annoverarsi sotto la stessa denominazione.

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