RECIPIENTI
Anfora (ἀμϕορεύς, anticam. ἀμϕιϕορεύς)
Cratere (κρατήρ)
Kàlathos (κάλαϑος)
Lèbes (λέβης), Dìnos (δῖνος, δεῖνος)
Lèbes gamikòs (λέβης γαμικός o νυμϕικός)
Loutrophòros (λουτροϕόρος)
Pelìke (πελίκη)
Psyktèr (ψυκτήρ)
Stàmnos (στάμνος, σταμνίον)
Pithos (πίθος)
VASI PER ATTINGERE O VERSARE
Alàbastron (ἀλάβαστρον)
Aryballos (ἀρύβαλλος)
Bombylios (βομβύλιος)
Hydrìa (ὑδρία), Kàlpis (κάλπις)
Lekythos (λήκυϑος, ληκύϑιον)
Oinochòe (οἰνοχόη)
Olpe (ὄλπη)
VASI PER BERE, PER MANGIARE, PER LIBAGIONI
Askòs (ἀσκός)
Kàntharos (κάνϑαρος)
Kyathos (κύαϑος)
Kylix (κύλιξ)
Mastòs (μαστός)
Phiàle (ϕιάλη)
Plemochòe (πλημοχόη), ο Kòthon (κώϑων)
Rhytòn (ῥυτόν)
Skyphos (σκύϕος), o Kotyle (κοτύλη)
VASI E CERAMICHE DI USO VARIO
Epìnetron (ἐπίνητρον), Onos (ὄνος)
Lekanìs (λεκανίς)
Pìnax (πίναξ)
Pyxìs (πυξίς)
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N.B. Questa pagina riporta, senza alcuna modifica, la parte relativa alle forme vascolari redatta da V. Bianco e consultabile online sul sito dell’Enciclopedia dell’Arte Antica sotto la voce “Ceramica”. Se vuoi consultare l’intera voce, clicca qui.
«Le indicazioni cronologiche per le varie forme si riferiscono prevalentemente alle classi di vasi in cui predomina la decorazione figurata, e specialmente alla c. attica.
1. Recipienti:
Anfora (ἀμϕορεύς, anticam. ἀμϕιϕορεύς). – Recipiente per contenere vino o olio, fornito di due anse laterali, da cui prende nome (Athen., xi, 501 a). Il tipo decorato compare già nel periodo geometrico e, da allora, subisce molte variazioni di forma. Le principali possono raggrupparsi in 2 classi: con il collo che continua la curva della spalla (i); con il collo nettamente distinto dalla spalla (ii). Tipi:
i a) corpo panciuto, anse a bastoncello, labbro verticale o lievemente espanso. La decorazione è limitata a riquadri (a. a metopa). Fine VII-fine V sec. a. C.;
i b) simile al i a; le anse sono piatte, coi margini rilevati; il piede a due ripiani. Metà VI-metà V sec. circa;
i c) simile al i a; il collo è svasato ed il labbro ingrossato. Dal secondo venticinquennio del VI sec., al 470 circa;
ii a) corpo ovoide, labbro a echino, anse a bastoncello o a nastro a 2, 3, 4 costolature. La decorazione è generalmente su una sola zona continua. Molto in uso nella seconda metà del VI sec.; s’accosta a questo tipo l’a. “nicostenica” (con collo molto alto, anse a largo nastro, piede a 2 sezioni, decorazione estesa su tutta la superficie) e l’a. “nolana” più snella, anse con una o più costolature o a treccia, decorazione limitata a 1 o 2 figure su ogni lato;
ii b) corpo con fianchi quasi verticali e spalla distinta; anse usualmente a treccia, bocca usualmente a 2 sezioni. V-IV sec.;
ii c) a. “panatenaica”, così chiamata perché usata come premio nelle gare panatenaiche. Corpo piriforme, anse a bastoncello, decorazione a metope. Nel VI sec. ha bocca leggermente svasata, piccole anse; nel IV sec. il corpo è più allungato ed il collo più alto, la bocca è molto espansa e la distinzione tra collo e spalla poco marcata;
ii d) amphariskos (ἀμϕορίσκος), corpo terminante a punta; anse prevalentemente a bastoncello; collo alto; decorazione su tutta la superficie. Frequente nel V sec.
Cratere (κρατήρ). – “Mischiando yino ed acqua nei crateri…” (Hom., Od., i, 110). Sulla base di figurazioni vascolari, il nome è stato dato ad un recipiente dal largo corpo (poggiava su un sostegno detto ὑποκρατήριον, opp. ὑποκρατηρίδιον) e larga bocca, anse generalmente piccole, diffuso in tutte le epoche. I tipi principali sono:
i) “c. a colonnette”, cosiddetto dalla particolare forma delle anse. Ha basso piede e basso collo. Ciascun’ansa consiste in una coppia di sbarrette cilindriche che sostengono un elemento orizzontale attaccato all’orlo.La decorazione è generalmente a fregio continuo; i pochi esemplari attici a figure nere, hanno decorazione metopale. Forma frequente nel tardo corinzio (detto perciò anche “c. corinzio”), fino a tutto il VI sec.; ricompare poi alla metà del V, con collo più alto e più stretto e corpo più slanciato;
ii) “c. a volute”, cosiddetto dalle anse alquanto sopraelevate che terminano in due spirali attaccate all’orlo. Largo collo, solo leggermente espanso. Più frequente dalla prima metà del VI sec. (il vaso François è uno dei primi esempi) fino allo stile severo della tecnica a figure rosse, con corpo allora leggermente più allungato. Questo tipo assume grande sviluppo nelle fabbriche italiote, ove le anse vengono trattate con molte varianti;
iii) “c. a calice”, dalla caratteristica forma svasata, priva di collo e con bocca espansa. Ha una ripresa verso il basso, sulla quale sono impostate obliquamente le anse. La decorazione è sempre a fregio continuo. Molto in uso dalla fine del VI al IV sec.);
iv) “c. a campana”, cosiddetto perché simile ad una campana rovesciata, senza collo e con bocca espansa; piccole anse orizzontali attaccate in alto (inizio V-IV sec.).
Kàlathos (κάλαϑος). – Le fonti intendono “paniere” (Arist., Lys., 579), psyktèr o tazza (Esichio). Per convenzione si dà questo nome ad un tipo di cratere piuttosto raro, a pareti verticali e piccole prese sotto la bocca, munito di un becco vicino alla base (V sec.).
Lèbes (λέβης), Dìnos (δῖνος, δεῖνος). – “Il lebes che ha il suo posto sopra il fuoco” (Eschilo, in Athen., ii, 37 f). Doveva essere perciò usualmente in bronzo e serviva a bollire l’acqua. Il nome è stato dato ad una classe di vasi con profondo bacino, base arrotondata, larga bocca, senza anse, di uso affine a quello del cratere, onde alcuni preferiscono il nome di “cratere-dinos”. Servivano anche come premio nelle gare ed a volte come urne cinerarie. La decorazione corre generalmente su tutta la superficie. Già nel VII, fino a tutto il V secolo.
Lèbes gamikòs (λέβης γαμικός o νυμϕικός). – Lèbes con alto sostegno in un sol pezzo e due piccole anse. La decorazione è su tutta la superficie (VI-V sec.).
Loutrophòros (λουτροϕόρος). – “Era costume provvedere all’acqua per il bagno nel giorno delle nozze… ed anche di porre una loutrophòros sulla tomba di quelli che erano morti senza sposarsi” (Harpokr., s. v.). Nome dato ad una categoria di vasi dal corpo slanciato, lungo collo imbutiforme e bocca molto espansa, decorati quasi sempre con scene nuziali o funebri e frequentemente riprodotti in quel genere di rappresentazioni. Due tipi:
i) simile ad un’anfora molto allungata, con 2 anse;
ii) simile ad una hydrìa, con 3 anse. La decorazione è su tutta la superficie (V e IV sec.).
Pelìke (πελίκη). – Le fonti la identificano ora con la kölix (Athenaeus, xi, 495 a), ora con l’oinochòe (Cratete) ora con la lekàne (Fozio, s. v. “pelìke”). Per convenzione si intende, invece, per p. una varietà di anfora con il corpo rigonfio verso la base, non distinto dal largo collo. Anse a nastro o a costolatura centrale o piatte. Decorazione a figure isolate o su tutta la superficie (fine VI-IV sec.).
Psyktèr (ψυκτήρ). – Recipiente per raffreddare il vino, sulla cui forma e dimensioni le fonti sono molto imprecise e spesso discordi. Il nome è stato dato a due forme diversissime, ma evidentemente adibite allo stesso uso:
i) simile ad un’anfora della i classe, con doppia parete e doppio fondo (VI sec.);
ii) bacino ad alto piede, con bocca stretta e due ansette sulla spalla (fine VI-metà V sec.). La decorazione è a fregio continuo lungo la zona di massima espansione.
Stàmnos (στάμνος, σταμνίον). – Doveva essere simile ad una larga anfora ed adibito allo stesso uso (Etym. Magnum). Ma per convenzione si intende un tipo di cratere a largo corpo, collo corto e tozzo, piccole anse orizzontali. La decorazione è su tutta la superficie (fine VI-V sec.). Molto in uso nella tecnica a figure rosse; il corpo tende ad allungarsi.
2. Vasi per attingere o per versare:
Alàbastron (ἀλάβαστρον). – La Suda (s. v.) dice che gli Ateniesi danno questo nome ad una lèkythos per profumi; viene identificato in una forma spesso rappresentata in scene di toletta femminile. Corpo allungato (Plinio lo paragona ad una perla), labbro espanso ed imboccatura stretta. La forma si mantiene inalterata, solo il collo si fa più alto. Generalmente senza anse, a volte con presette o fori di sospensione. Decorazione su tutta la superficie (VI-V sec.).
Aröballos (ἀρύβαλλος). – Termine raramente usato nel dialetto attico; Esichio dice che è la traduzione dorica per lèkythos in attico. Per convenzione si intende un recipiente a largo corpo e collo stretto, usato dagli atleti per contenere l’olio; infatti appare spesso nella pittura vascolare appeso al polso di atleti o vicino ad altri attrezzi ginnastici. Due tipi principali:
i) corpo sferoidale, collo stretto, bocca a forma di basso cilindro, una sola ansa. Molto in uso nella ceramica corinzia: decorazione continua. Scompare nel V sec.;
ii) simile al III tipo della lèkythos, ma con due piccole anse di forma particolare. Diffuso in Attica (V-IV sec.).
Bombölios (βομβύλιος). – Nome dato ad una classe di vasi molto affini all’alàbastron, con corpo ovoidale che si allarga verso la base, labbro a disco, piccole prese, frequente nel Corinzio iniziale.
Hydrìa (ὑδρία), Kàlpis (κάλπις). – Vaso per attingere l’acqua, a bocca espansa e con 3 anse, due orizzontali per sollevarla ed una verticale per mescere. Usata anche nelle votazioni e come urna cineraria. Denominazione sicura per una didascalia sul vaso François. Due tipi principali:
i) col collo che continua la curva della spalla. Questa forma è, per convenzione, denominata kàlpis, ma le fonti non fanno distinzione tra le due varianti (Arist., Lys., 327 e 358). La decorazione generalmente occupa solo la zona mediana del vaso, includendo la spalla (fine VI-IV sec.). Il corpo tende poi ad allungarsi. Avrà molta fortuna nelle fabbriche italiote;
ii) col collo nettamente distinto dalla spalla. La decorazione è incorniciata e divisa tra spalla (trattata a fregio) e corpo (trattato a metopa); a volte una terza zona incorniciata (per solito un fregio di animali) corre più in basso. Variante importante è l’hydrìa “ceretana”, che ha corpo più panciuto e decorazione su tutta la superficie; frequente nel VI secolo.
Lèkythos (λήκυϑος, ληκύϑιον). – “Non c’è olio nella lèkythos!” (Arist., Aves, 1589). Il nome è dalle fonti genericamente applicato a recipienti per contenere olio ed unguenti sia per il bagno degli atleti che per l’offerta funebre; ma per convenzione è stato limitato ai vasi adibiti al secondo uso, diffusissimi in tutte le epoche. Tipi principali:
i) collo tozzo e corpo allungato, stretto alla base; una sola ansa; non c’è distinzione tra collo e spalla; decorazione metopale o anche continua. Prima metà VI sec., specialmente a Corinto;
ii) il collo è più lungo e distinto dalla spalla, che è piatta o leggermente concava e, a sua volta, distinta dal corpo. L’ansa è compresa tra collo e spalla, la bocca è espansa; decorazione generalmente continua molto popolare in Attica (metà VI-IV sec.);
iii) ha corpo più largo che lungo, bocca quasi a forma di tazza, solo parzialmente decorata, spesso con scene di vita femminile. Frequente soprattutto nelle fabbriche italiote (fine V-IV sec.).
Oinochòe (οἰνοχόη). – Brocca monoansata per attingere o versare il vino (Esichio, Frinico, Euripide, ecc.). Forma molto diffusa con molte varianti. Tipi principali:
i) corpo panciuto con curva continua dalla bocca alla base, bocca trilobata, piede basso, ansa non sopraelevata. Molti esemplari di formato ridotto nelle tombe di fanciulli. Decorazione spesso metopale (fine VI-IV sec.);
ii) corpo arrotondato, collo nettamente distinto dalla spalla, bocca circolare, ansa sopraelevata. Decorazione metopale. Frequente nel VI sec.;
iii) come il ii tipo, ma con bocca trilobata (VI e V sec.). Tra le varianti minori, un tipo appare verso la metà del periodo della ceramica a figure rosse ed è molto popolare in Apulia: ha corpo allungato, alto piede, alto collo ed ansa a gomito, sopraelevata: chiamato per convenzione pròchoos (πρόχοος). Sempre in Apulia un’altra tarda variante dell’oinochòe è la cosiddetta epìchysis (ἐπίχυσις), con basso corpo cilindrico, spalla nettamente distinta dal collo, priva di piede, un lungo becco sporgente.
Olpe (ὄλπη). – Importante varietà di oinochòe con il corpo molto più snello che s’allarga verso la base, bocca trilobata o circolare, collo unito alla spalla; decorazione metopale. Più comune nelle figure nere, una variante con spalla leggermente distinta dal corpo si trova anche nelle figure rosse.
3. Vasi per bere, per mangiare, per libagioni:
Askòs (ἀσκός). – Nelle fonti il termine è dato usualmente a recipienti di pelle: per convenzione è riferito ad un vaso che presenta qualche rassomiglianza con un otre. Ve ne sono vari tipi. Il principale ha corpo schiacciato e collo impostato fuori centro, obliquamente, cui si attacca un’ansa arcuata (inizio sec. V-IV). Nelle fabbriche italiote il corpo è alquanto più alto e la rassomiglianza con un otre più evidente.
Kàntharos (κάνϑαρος). – (Athen., xi, 473 d). Citato spesso in relazione a Dioniso. Identificato in una tazza dal corpo fondo, generalmente su alto piede, fornita di due anse a nastro, che partono dalla zona inferiore del corpo, spesso sopraelevate all’orlo al quale si attaccano. La decorazione ricopre generalmente tutta la superficie. Forma non molto popolare in ceramica, ma presente in tutte le epoche.
Köathos (κύαϑος). – La Suda lo paragona ad un cucchiaio; Esichio lo definisce una piccola misura. Il nome è stato dato ad una specie di ramaiolo a forma di tazza, con alta ansa sopraelevata. Si incontra piuttosto raramente. La decorazione è continua (tardo VI-metà V sec.).
Kölix (κύλιξ). – È una tazza a due anse orizzontali su alto piede, molto diffusa in tutte le epoche. Sia la forma che la decorazione subiscono un continuo sviluppo, dall’età micenea alla fine del V sec. Tipi principali:
i) in età micenea ha un profilo curvilineo allungato, decorazione libera;
ii) piede e labbro nettamente distinti dalla coppa, piede
alto. Decorazione su tutta la superficie, interna ed esterna, o limitata ad una fascia lungo il bordo esterno del labbro, o con una o due figurine su campo chiaro nei “miniaturisti” (VI sec.);
iii) il labbro è unito al corpo, il piede nettamente distinto. La decorazione occupa tutta o quasi la superficie esterna, spesso con motivi decorativi fissi (occhioni, ecc). Frequente nella seconda metà del VI sec.;
iv) una curva continua dall’orlo al piede. Molto in uso nel periodo delle figure rosse. La decorazione principale è generalmente nel tondo centrale interno. Negli esemplari tardi la forma si allarga e perde le proporzioni tradizionali (fine VI-V sec.).
Mastòs (μαστός). Tazza a due anse a forma di mammella. Poco frequente. Decorazione su tutta la superficie.
Phiàle (ϕιάλη). – Aristotele la paragona ad uno scudo (Ret., iii, 44). Coppa poco profonda, fornita sul fondo di un ombelico (ὀμϕαλός) per poter essere portata “sulla punta delle dita” (Polluce, vi, 95). Usata nelle libagioni. Forma piuttosto rara, comune solo nel III-II sec., specie ad opera di ceramisti operanti a Cales in Campania. Comunemente designata col termine latino patera.
Plemochòe (πλημοχόη), ο Kòthon (κώϑων). – Vaso a corpo schiacciato, poggiato su alto piede e fornito di coperchio; usato nelle libagioni. Appare nella seconda metà del VI sec. Deve aver perdurato a lungo.
Rhytòn (ῥυτόν). – Secondo Epinico (Athen., xi, 496 e) sono tazze a forma di testa di animale; per Edilo (ibid., 497 b-e) a forma di corno. Le fonti usano anche, indifferentemente, i nomi di rhèon, protomè e kèras. Presentano un ricco repertorio di varianti. La decorazione pittorica è limitata all’imboccatura, generalmente a forma di basso cilindro, che sormonta la testa modellata plasticamente (metà V-IV sec.). La stessa imitazione plastica di una forma di natura si ritrova nell’Astràgalos (ἀστράγαλος), che ha la forma dell’omonimo osso del tallone.
Sköphos (σκύϕος), o Kotöle (κοτύλη). – In Omero (Od., xiv, 112) sta per ciotola da latte; anche Alcmane dice che era usato nelle campagne. Il nome è stato dato ad una forma molto popolare in Beozia (specialmente nei vasi del Kabirion), una profonda e larga tazza su basso piede, con due piccole anse, a labbro non distinto. La decorazione è continua. Già nella ceramica protocorinzia, fino al sec. IV. Due tipi principali:
i) con anse volte in alto e attaccate sotto l’orlo;
ii) con anse orizzontali ed a livello dell’orlo. Corpo più allungato. Questo secondo tipo è da alcuni chiamato kotyle, termine dalle fonti usato genericamente per tazza.
4. Vasi e ceramiche di uso vario:
Epìnetron (ἐπίνητρον), Onos (ὄνος). – Utensile per la filatura di forma semicilindrica, aperto su un fianco e ad un’estremità (v. epinetron).
Lekanìs (λεκανίς). – Nome generico per un largo bacino impiegato a varî usi. Secondo Fozio si chiamavano lekànion e lekanìs recipienti forniti di prese, per cibi cotti. Su basi molto incerte è stato dato il nome ad una specie di piatto biansato, con coperchio, il quale è piano e fornito di un alto pomo a disco. La decorazione corre sul bordo esterno del vaso e sul coperchio (VI-fine V sec.). Altri danno il nome di lekàne (ληκάνη) allo stàmnos àpulo caratterizzato da alte anse e fornito di coperchio molto elaborato. Anche quest’identificazione è molto dubbia.
Pìnax (πίναξ). – Piatto raramente fornito di piede, quasi sempre circolare, presente in tutte le epoche. Nella ceramica attica è comune solo nel VI secolo. La decorazione ricopre tutto l’interno.
Pyxìs (πυξίς). – In dialetto attico era termine generico per “scatola” (Etym. Magnum); la nostra forma si chiamava kylìchnis, ed ebbe il nome di pyxìs solo in età romana. È una scatola fornita di coperchio, cilindrica, per conservare cosmetici ed altri articoli da toletta. La decorazione corre su tutta la superficie esterna e sul coperchio. Forma molto popolare. Tipi principali:
i) Corpo diviso in tre grandi lobi (VI sec.);
ii) alquanto schiacciata, con pareti concave, basso piede (tardo V-IV sec.);
iii) più alta, anch’essa a pareti concave; coperchio con alto pomo;
iv) cilindrica, con coperchio piatto e senza pomo.
Sostegno. – Disco piano e circolare su piede. Pochi esemplari di uso non accertato nel sec. VI. Scarsa decorazione.
Bibl.: H. B. Walters, History of Ancient Pottery, vol. I, Londra 1905, cap. IV; L. D. Caskey, Geometry of Greek Vases, Boston 1922; G. M. A. Richter-M. Milne, Shapes and Names of Athenian Vases, New York 1935.»
Se vuoi approfondire, ti consiglio di consultare la pagina sul sito dell’Archivio Beazley relativo alle forme vascolari (clicca qui) e l’approfondimento di Andrea Ciacci ( http://www2.archeo.unisi.it/testi/ceramica/Ceramica_11_Ciacci.pdf).