Come nel caso di Atlante, protagonista del post Atlante, inganni e mal di schiena, molti sono i personaggi del mito sconosciuti o poco apprezzati. Ho così deciso di creare una serie di articoli per approfondire la loro conoscenza: perché accontentarsi di conoscere solo i grandi eroi? D’altronde il mito, come la vita, è piena di “attori secondari” che non aspettano altro di avere la loro occasione! È anche grazie a loro che si conoscono le mille sfaccettature dei grandi eroi, le loro debolezze, paure e limiti: sono personaggi comuni che riescono a smontare la grandezza di un eroe e senza neanche saperlo. Discorso sacrilego? Ottimo, iniziamo…
Oggi conosciamo il piccolo Glauco e, grazie a questo mito, approfondiamo la conoscenza di una delle forme ceramiche più comuni, il pithos…
Glauco è il nome di molti personaggi del mito, uno dei meno conosciuti è il figlio di Minosse, re di Creta, e Pasifae.
Il mito narra che durante l’inseguimento di un topo cadde dentro un pithos colmo di miele e annegò.
Ma cos’è un pithos?
Il pithos (πίϑος) è un vaso di terracotta di grandi dimensioni, a forma di tronco di cono rovesciato, con larga bocca. Per facilitare la presa avevano anse laterali, ma nella maggior parte dei casi, a causa dell’enorme peso e dimensioni del recipiente, esso era spostato con funi.
Posizionati o su una superficie piatta o, per una maggior conservazione delle derrate, all’interno del terreno.
Il pithos greco corrisponde al romano dolium. La differenza è nella forma, infatti quella del dolio è globulare, con base abbastanza ampia. La caratteristica è che sull’orlo della bocca era spesso segnata in cifre la capacità del vaso.
Usi:
1. Conservazione derrate alimentari e liquidi. Questi vasi furono usati principalmente per cereali, semi, legumi, vino ed olio. furono inoltre associati comunemente al centro amministrativo e commerciale, il quale trasportava, teneva o ne riceveva grandi quantità. Dolio romano.
2.Riti funebri (tombe a pithos o a dolio). Questi vasi erano usati anche in contesti funebri. In essi era adagiato il defunto, in genere con corredo funerario. Tale pratica era già in uso nell’età preistorica: sono le cosiddette “tombe a enchytrismos“, che consistono per l’appunto in inumazioni singole entro un pithos o altro grande contenitore in ceramica, generalmente coricato. Sono limitate alla Sicilia e a qualche zona del Mediterraneo.
Decorazione:
Le grandi dimensioni di questo recipiente permettevano la decorazione, sia dipinta che a rilievo, ma spesso ne erano privi.
Non è raro trovarli dipinti in scene figurate di altre forme vascolari in contesti domestici o mitici.
Miti e leggende:
-Euristeo e il cinghiale d’Erimanto. Euristeo, fratellastro di Herakles e re di Tirinto (per approfondire la sua figura ti consiglio i miei articoli Errare humanun est? Ate e il mito dell’errore e Atlante), fu colui il quale impose le famose 12 fatiche all’eroe. La terza consisteva nel portare vivo un feroce e mostruoso cinghiale che viveva sull’Erimanto. Alla sua vista, però, il vigliacco re si nascose in una giara di bronzo, che si era fatto costruire come rifugio nel caso il fratellastro lo attaccasse. Prometto che approfondirò questo interessante mito in un altro post!
-Diogene di Sinope. Egli fu un filosofo e uno dei fondatori della scuola cinica. Secondo una leggenda, viveva in un pithos accanto al tempio di Cibele (fonte: Diogene Laerzio, La vita di Diogene il Cinico).
– Il nostro Glauco e Poliido
Ritorniamo, quindi, al nostro Glauco affogato nel miele!
Il cadavere fu trovato da Minosse in persona. I Cureti (per approfondire la loro conoscenza ti consiglio la lettura del post Gli strumenti musicali (6): il tympanon) profetizzarono che solo colui il quale avesse saputo descrivere meglio il colore di una particolare mucca delle mandrie del re, che cambiava colore tre volte al giorno (prima bianca, poi rossa e infine nera), avrebbe potuto restituire la vita al bambino.
Quell’uomo fu l’indovino Poliido, figlio di Cerano e originario di Ago o Corinto. Egli affermò che la mucca aveva il colore della mora, infatti il frutto comincia con l’essere bianco, poi rosso e, una volta maturo, nero.
L’indovino, quindi, fu rinchiuso col cadavere.
Poco dopo un enorme serpente giunse nella tomba e, temendo che volesse divorare il defunto, Poliido lo uccise. Sopraggiunse un secondo serpente che, vedendo il compagno morto, si allontanò per poi ritornare portando tra le fauci un’erba con la quale fece risuscitare il primo serpente. Poliido capì e usò quella stessa erba per riportare in vita il bambino.
Minosse però non si dimostrò riconoscente col salvatore del figlio: lo imprigionò e lo costrinse ad insegnare la sua arte divinatoria al giovane Glauco, solo così avrebbe potuto lasciare Creta e tornare in patria.
Poliido eseguì l’ordine, ma non senza meditar vendetta. Egli, infatti, una volta liberato, ordinò a Glauco di sputargli in bocca: il giovane obbedì e fu privato così dell’arte appresa!
Lo sputo in bocca per togliere i doni profetici acquisiti è presente anche in un altro mito, quello di Cassandra. Se vuoi approfondirlo ti consiglio la lettura dell’articolo Baciami, for ever!
Visto cosa si può nascondere dietro un mito sconosciuto o secondario?
Followers, occhio al miele… chiudete bene il barattolo, non si sa mai!
A. R.
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Ho letto anche questo post tutto di un fiato… 😊
Sempre gentilissimo… grazie di cuore!
👏👏👏👏👍🏻👌🏻🙋🏼❤️
Pingback: La plemochoe e i suoi misteri – La ceramica antica
Non c’è niente da fare: i Cretesi hanno sempre i Misteri migliori.
Sì, davvero affascinanti… grazie per aver commentato!
Veramente molto interessante non lo conoscevo. Credo che questo mito intenda chiarire la destinazione funeraria del vaso che è di per sé molto particolare.
Grazie di cuore!