Lo chiamavano Barbablù…

testa di ade

Testa di Ade. Foto da ACoSt

 

Barbablù…

Grande gioia e vanto per la Sicilia, e per l’Italia intera, è la notizia della restituzione, da parte del Getty Museum di Malibù, di questa splendida testa di Ade (῞Αδης), dio degli Inferi, soprannominata “Barbablù” per via delle tracce di colore blu ancora presenti sulla barba.

Il reperto era stato trafugato alla fine degli anni ’70 dal sito di Morgantina (Enna) e acquistata dal museo californiano nel 1985 dal collezionista Maurice Tempelsman per 530 mila dollari.

È solo grazie all’esame e alla comparazione di alcuni frammenti della barba e della capigliatura, abbandonati dai tombaroli e ritrovati negli scavi del Santuario extraurbano di San Francesco Bisconti dall’archeologa Silvia Raffiotta, con la testa conservata al Getty, che è stato possibile riconoscerne la provenienza siciliana e avviare il complesso processo di restituzione del reperto. Sembra, tuttavia, che la collocazione originaria fosse il Santuario di Demetra.

Cerchiamo di conoscere e approfondire insieme questo capolavoro scultorio di età greca.
D’obbligo è una premessa: le sculture venivano dipinte!

I colori avevano un’origine vegetale, animale o minerale, e si usava il bianco, l’azzurro, il rosso, il giallo, il nero e le le sfumature ottenute dalla loro unione. Nella Grecia arcaica, le superfici venivano ricoperte in prevalenza col rosso e il blu e i colori non erano utilizzati in modo realistico, in epoca classica ed ellenistica, invece, vi era un effetto più naturalistico.

Ritorniamo alla nostra testa…

La testa di Barbablù è in terracotta policroma, cioè dipinta con più colori, e rimangono tracce di pittura rossa nella capigliatura, blu egizio nella barba, rosa su viso e labbra.

È stata modellata a mano, si presenta cava all’interno, fratturata alla base, segno che apparteneva ad un busto o ad una statua, e ha dimensioni reali (26,7 x 20,4 cm).

I riccioli sono stati modellati singolarmente, rifiniti a stecca e applicati alla testa prima della cottura. Le labbra sono socchiuse e contornate superiormente da una sottile striscia d’argilla in leggero rilievo, su cui sono incisi i baffi. Il contorno degli occhi è segnato da incisioni molto profonde, in cui di certo erano inserite ciglia in metallo. Inciso è anche il contorno delle pupille.

La datazione è complessa. Alcuni elementi stilistici del volto rimandano alla fine del V e al IV secolo a.C., mentre la linea incisa attorno occhi ha maggiori riscontri con le terrecotte del VI secolo a.C. Gli studiosi sono propensi, quindi, a datarla verso la metà del IV-III secolo, precisando tuttavia il mantenimento di caratteri  arcaicizzanti.

Un grande capolavoro che speriamo venga tutelato e valorizzato come merita! Ai posteri l’ardua sentenza…

Se vuoi approfondire la parte relativa alla comparazione dei riccioli con la testa, ti consiglio la lettura di S. Raffiotta, Una Divinità Maschile per Morgantina, Les Carnets de l’ACoSt, 11/2014.

Se vuoi approfondire la policromia nella scultura e l’uso dei colori, ti consiglio la lettura di  V. Carafa in arkeomania.com

 

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