Le ninfe… creature di una bellezza e grazia talmente irresistibili da essere oggetto della bramosia amorosa persino degli dei. Il mito è pieno di storie accattivanti ma, allo stesso tempo, tristi: conosciamo già i miti delle ninfe Siringa e Menthe, oggi scopriamo insieme quello di Dafne…
Sì, hai letto bene, “storie accattivanti ma tristi”. Perché?
Smonto un mito sugli amori del mito (perdona il gioco di parole): sono quasi tutti abusi che gli dei o gli uomini perpetuavano ai danni delle donne e delle ninfe.
Quando si legge, ad esempio, “Apollo si era innamorato di Dafne” o “Pan si era invaghito di Siringa” cerchiamo di dare la giusta interpretazione. La definizione corretta è, infatti, stupro. Parola forte, lo so. Lo schema del mito è semplice: l’assalitore incontra per la prima volta la sua vittima, la vuole possedere, lei scappa e chiede di essere trasformata per non essere violentata. Finisce bene? Non sempre… Non esiste romanticismo, né grazia, né virtù cavalleresca.
Oggi parliamo di uno di questi miti.
Dafne era una ninfa, figlia di Gea (la Terra) e di un fiume, Ladone o Peneo.
Amante della caccia e della vita nei boschi, era di una bellezza fuori dal comune, tanto da essere vittima della bramosia del dio Apollo. Durante l’inseguimento, pregò il padre affinché la trasformasse e fu così che subì la metamorfosi nella pianta dell’alloro.
Esiste una variante del mito secondo cui furono due i pretendenti alla sua virtù: Apollo e Leucippo, figlio del re di Elide Enomao. Quest’ultimo se ne innamorò e, per avvicinarla, indossò abiti femminili e si unì al gruppo delle ninfe di cui faceva parte Dafne. Il loro rapporto divenne sempre più stretto e così Apollo, geloso perché la ninfa era sul punto di ricambiare l’amore del giovane, ispirò nelle fanciulle il desiderio di fare un bagno. Leucippo fu scoperto e aggredito dalle ninfe con delle lance, ma gli dei lo salvarono rendendolo invisibile. Apollo alloro approfittò della confusione per rapire Dafne, ma lei, grazie all’esaudirsi della sua preghiera a Zeus, fu trasformata in alloro.
Diciamo la verità: Apollo comunque non ne esce pulito! Cuori infranti, dolore e amori mancati…
Da quel momento la pianta di alloro divenne sacra ad Apollo ed ecco perché è uno degli attributi iconografici del dio.
In scultura tutti conosciamo lo splendido gruppo scultoreo del Bernini.
Di epoca romana, invece, è la cosiddetta Dafne “Borghese”, opera in marmo di un anonimo scultore degli inizi del I secolo d.C., forse copia di un esemplare di epoca ellenistica.
Nell’archivio Beazley troviamo solo un esemplare vascolare inerente al mito. Esso in realtà non mostra alcun attributo riferibile a Dafne, infatti vi è rappresentata solo una scena di inseguimento tra Apollo e una donna, in genere identificata come la ninfa.
Spiccano, invece, le meravigliose gemme.
Vediamo alcune:
In ambito culinario, infine, ho trovato due ricette dell’antica Roma interessanti e in cui l’alloro è protagonista:
- il Porcellum laureatum (il maiale laureato), ricetta del famoso gastronomo Apicio, secondo la quale il maiale era arrostito con rami di alloro.
- il Libum, la cui ricetta è tramandata da Catone. Esso è una sorta di focaccia preparata con il formaggio di pecora e cotta al forno su foglie di alloro. Era offerto durante i sacrifici o era dedicato a Giove nelle cerimonie nuziali. Virgilio consiglia di mangiarlo caldo e col miele.
Certo, se poi c’è qualcuno di voi disposto a preparami il Libum, io “no” mica lo dico!
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Come sempre fantastico articolo!😍👍🏻👍🏻🌟🙋🏼
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