In un commento al mio articolo Etna. Ninfa, madre e paradiso in terra, Maria Costanza, creatrice dell’interessantissimo De amore gallico (blog che consiglio a tutti di seguire), scrive: “A me interesserebbe molto leggere un approfondimento sulla dea Cibele – Rea. Grazie!”
Chiesto, detto, fatto! Oggi approfondiamo questa divinità…
Cibele (Κυβέλη, lat. Cybĕle) era dea della fertilità della terra, sovrana della natura selvaggia e protettrice delle città.
IL CULTO
A. LUOGHI E CRONOLOGIA DEL CULTO
Il culto è testimoniato in:
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Asia Minore, dal II millennio a.C.
Era venerata come Meter oreia (“madre montana”) sotto diversi nomi formati quasi sempre da nomi di monti che indicavano la sua appartenenza ad una regione montuosa, come Berecinzia (in Frigia), Dindimene (dal nome Dindimo), Idea. Il culto si diffuse particolarmente in Frigia, dove la dea era chiamata Mater Kubile (Cibele), in Cappadocia col nome di Mâ, in Armenia col nome di Anahita e ad Efeso col nome di Artemide.
Essa era identificata con la Terra Madre e i suoi subordinati erano un dio-Cielo, «Papas» (Padre), il semidio Attis e una schiera di demoni, i cosiddetti Coribanti.
Il suo corteo prevede anche la presenza di uomini che, al suono di strumenti quali auloi, cimbali e timpani, ballavano danze estatiche: in Frigia essi si chiamavano Berecinti.
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Grecia, dal VI-V sec. a.C.
Il culto di Cibele si diffuse in Grecia e la dea fu identificata con Rea (‛Ρέα – da ῥέω “scorro”, in riferimento alla pioggia fecondatrice).
Rea è una delle Titanici, figlie di Gaia e di Urano. Moglie di Kronos e madre di Estia, Demetra, Era, Ade, Poseidone e Zeus (cfr. Hes. Th. 453-500), è definita quindi «Grande Madre degli dei».
Kronos, per sfuggire all’oracolo che gli profetizzò che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato, era solito divorare i propri figli alla nascita. Rea volle salvarne almeno uno e così sostituì l’ultimo nato, Zeus, con una pietra avvolta in fasce. L’oracolo si compì e Zeus divenne il re degli dei (Per approfondire leggi l’articolo Gli strumenti musicali (6): il tympanon).
Il culto era particolarmente diffuso a Creta.
In Attica, invece, Rea era venerata anche in occasione della festa delle Kronie, propriamente dedicate a Kronos il 12 di Ecatombeone (luglio-agosto).
Krònia: nel periodo conclusivo del raccolto agricolo, nel mese detto Ecatombeone, iniziava il ciclo di Capodanno. Nell’ultima festa del ciclo gli schiavi, in genere privi di ogni diritto, erano invitati a tavola dei padroni e potevano circolare liberamente in città noncuranti delle convenzioni sociali. Si procedeva con un sacrificio sull’altare dedicato sia a Kronos che a Rea.
Il dio Kronos rappresenta l’ordine sociale pre-Zeus, nel quale non esistevano i “moderni” vincoli sociali limitanti e le feste rispecchiano questo stato di fatto, oramai considerato anarchico ad un cittadino Greco post-Zeus, che vede nelle feste solo un modo per esorcizzare la dissoluzione e propiziare un nuovo inizio.
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Roma e Impero romano, dal II sec. a.C.
Rea fu assimilata a Cibele e definita la Magna Mater, la «Grande Madre degli dei». Il culto fu introdotto nel 204 a.C., quando la pietra sacra che rappresentava la dea fu trasferita a Roma.
Secondo Tito Livio (Liv. XXIX 10, 4.-5.8; 14, 11-14), nel 205 a.C. caddero dal cielo di Roma pietre. Furono consultati i libri Sibillini e la profezia affermava che se un nemico straniero avesse portato guerra in Italia (infatti siamo in piena Seconda Guerra Punica) sarebbe stato possibile sconfiggerlo solo se la statua della dea Mater Idaea, in realtà una grande pietra sacra, fosse stata portata da Pessinunte a Roma.
Una volta giunta, fu trasferita nel santuario della Vittoria sul Palatino. La profezia si avverò presto, infatti nel 202 a.C. Scipione sconfisse Annibale, ponendo fine alla guerra.
Il 10 aprile del 191 a.C. le fu dedicato sul Palatino un tempio, di cui sono oggi visibili solo i resti del basamento.
In onore della dea si celebravano i Ludi Megalenses.
Ludi Megalenses: duravano circa sei giorni e, in particolare, il 4 ed il 10 aprile il santuario della dea apriva ai fedeli ed avevano luogo, il terzo giorno, anche delle rappresentazioni teatrali. I giochi erano sotto la sovrintendenza degli edili curuli.
Agli schiavi non era permesso partecipare e i magistrati dovevano indossavanreuna toga praetexta viola.
Rito importantissimo era il Taurobolio, il sacrificio di un toro: un sacerdote consacrato era collocato in una fossa chiusa con asse di legno bucate.Su di esse era sgozzato il toro, il cui sangue colava attraverso le fessure e i buchi delle assi e bagnava l’uomo. Compiuto il rito, l’uomo usciva e si mostrava insanguinato a simboleggiare la rinascita spirituale, benedizione della dea.
Accanto al culto pubblico, nel tempio del Palatino il culto era praticato anche in forma privata, tramite personale sacerdotale frigio: l’autorità sovrintendeva solo alla cerimonia della lavatio rituale del simulacro della dea nel fiume Almo, nel mese di marzo.
B. CARATTERISTICHE DEL CULTO
Il culto di Cibele – Rea era un culto aniconico, cioè privo di immagini. Si venerava in realtà, come abbiamo visto, una pietra sacra, forse un meteorite.
Caratteristica primaria del culto erano le orge sfrenate e le danze estatiche dai ritmi particolarmente cadenzati. Si praticavano anche riti autolesivi, che giungevano fino all’autoevirazione, per esempio a Pessinunte. Un ruolo fondamentali avevano, infatti, i sacerdoti eunuchi (gr. γάλλοι, lat. galli).
Accanto alla dea Cybele è attestato, infatti, anche il culto di Attis, un giovane pastore, frigio che, in preda all’esaltazione del rito (questa è una delle varianti del mito), si tagliò i genitali e morì sotto un pino. Cibele li raccolse, li avvolse in un panno e li seppellì, preservando così l’integrità del corpo del defunto.
Presto si diffusero anche i misteri ellenistici di Cibele, che in epoca imperiale presero forma di religione autonoma.
Misteri di Cibele: i Misteri, come ad esempio quelli Eleusini in onore di Demetra, erano riti iniziatici dai contenuti misterici a cui in pochi potevano partecipare. Lo scopo era di garantire salute e prosperità in questa vita e salvezza nell’aldilà. Persino agli scrittori antichi non era permesso rivelarne i segreti e quindi le fonti sono poche e a volte discordanti. La tradizione, tuttavia, ne tramanda la formula pronunciata dai fedeli: “ho mangiato dal timpano, ho bevuto dal cembalo, ho portato la lucerna, sono penetrato nella camera nuziale”. Il rito prevedeva poi un pasto sacro pasto sacro in un locale riservato e la visione di oggetti simboli sacri allo scopo di ricevere la rivelazione divina (cfr. http://archeoroma.beniculturali.it/ParoleDiPietra/religione_01cibele.htm).
SCHEMI ICONOGRAFICI DELLA DEA
Numerose sono le raffigurazioni di Cibele nell’arte antica, particolarmente nell’ambito della scultura e le più antiche raffigurazioni sono rilievi su rocce della Cappadocia e della Frigia.
La figura di Cibele appare rappresentata spesso anche su alcune monete d’età romana.
Gli schemi iconografici sono:
- quello della Pótnia therôn, la «Signora degli animali». Lo schema era diffuso già dall’Età del Bronzo e la dea era rappresentata stante, talvolta alata, fiancheggiata da animali quali leoni, pantere, capridi, cervi e uccelli spesso afferrati per il collo o per una zampa, a simboleggiare il dominio della dea sulla natura selvaggia, e serpenti, animale ctonio per eccellenza. Interessante è un’anfora a collo distinto dell’Archivio Beazley in cui è rappresentata una statua di dea, forse Cibele, all’interno di una struttura cultuale di ordine ionico con leone in cima e due tripodi con uccelli ai lati:
- quello della dea in trono, che indossa una corona turrita e che siede accanto a leoni, ne sono esempi i bassorilievi rupestri ittiti, o con un piccolo leone sulle ginocchia.
- Nelle scene di Gigantomachia, inoltre, appare su carro tirato da leoni.
4. Da notare, infine, che nell’arte ellenistica Rea appare nel tipo con corona turrita, cioè a forma di cinta muraria, che perdura nel periodo romano e che fa riferimento alla sua funzione di protettrice delle città.
Sul web si trovano un’infinità di immagini relative alla Grande Madre. In questo articolo ho preferito quelle a mio avviso più utili, particolari o poco conosciute. Se vuoi vederne alcune interessanti ti consiglio questo link!
Spero di aver soddisfatto la richiesta di Maria Costanza e di aver contribuito più in generale alla conoscenza di questa straordinaria, quanto ambigua, figura divina…
Vi aspetto tutti per il prossimo post!
Che ne pensi di queste opere? ti è piaciuto questo articolo? vuoi condividere con me e gli altri utenti un tuo pensiero o un approfondimento? hai qualche curiosità in particolare?
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GRAZIE! Una spiegazione appassionante ed esauriente. Grazie di cuore.
Vedere la raffigurazione di Cibele con tanti seni mi ha fatto tornare in mente una delle numerose fontane del giardino dell’acqua di villa d’Este a Tivoli. Affascinante quanto inquietante.
Approfitto della gentilezza e disponibilità e rincaro: mi ha sempre stregata la figurina della dea cretese dei serpenti. Potresti parlarne prossimamente? Un caro saluto e ancora grazie!
Dovere e piacere, credimi! Quella di Tivoli è la Diana d’Efeso, da cui scorrono zampilli d’acqua da ogni seno. Ecco, tralasciando il significato mistico alla base della fontana, questo sì che è inquietante, affascinante ma pur sempre inquietante… Ah chissà cosa penserebbero i miei vecchi professori se leggessero questo commento!
La famosa dea coi serpenti è la Pótnia therôn, la «Signora degli animali», di cui ho accennato qualcosa in questo articolo… ammetto di aver un debole per lei, quindi con piacere soddisferò la tua richiesta quanto prima!
Grazie di tutto…
articolo molto apprezzato e ben fatto. Grazie e buona giornata
Grazie di cuore per questo commento e ne approfitto per ricambiare, visto che seguo con piacere anche il tuo blog!
Buona giornata anche a te…
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