Cosa intendiamo per “preghiera”?
La preghiera è un’invocazione a Dio (o alle divinità), a cui ci si rivolge o con la parola o con il pensiero, allo scopo di trovare protezione e aiuto nelle necessità e per esprimere la propria gratitudine.
È un atto presente in quasi tutte le civiltà conosciute e praticata in tutti i tipi di religione. Può essere di libera o legate a determinati riti e scritture:
Dal punto di vista formale si può distinguere tra preghiere libere e preghiere legate a testi scritti o a formule tradizionali (nell’ultimo caso la preghiera può essere distinta dalla formula magica solo per ragioni di contenuto, in quanto essa non implica l’idea della costrizione della divinità); ugualmente formale è la distinzione tra preghiere recitate individualmente o collettivamente; preghiere indipendenti da ogni altro rito o facenti parte di un rito (per es., sacrificale); preghiere accompagnate, o meno, da canti e danze.
[Fonte: treccani.it]
La preghiera nell’antica Grecia
L’atto di pregare (εὔχεσθαι; eúkhesthai) era fondamentale in ogni rituale. Come afferma Burkert, infatti,
Quasi non esiste rituale senza preghiera, ma nemmeno esiste preghiera importante senza rituale: litaí – thysíai, «pregare-sacrificare», due termini indissolubilmente legati sin dai tempi antichi […].
Il termine comune per «pregare», eúkhesthai, significa nel contempo «gloriarsi» e «gettare il grido di trionfo» nella vittoria: pregare in questo senso è più un «farsi notare» che una atto di devozione. Colui che guida il sacrificio, colui che compie la libagione – re, condottiero, sacerdote – prega «ad alta voce» e «per tutti». Il più delle volte la preghiera include il voto (anch’esso chiamato euché), così che esso si compie ufficialmente e davanti a testimoni. Certo gli dei possono ascoltare anche preghiere mute, che sono anzi prescritte in casi eccezionali, nel culto di divinità inquietanti, infernali.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 175-176]
COME SI PREGAVA?
Si pregava in piedi, mai in ginocchio, e l’atteggiamento di supplica era reso con le mani:
Per invocare gli dei celesti si sollevano entrambe le mani, le palme rivolte verso il cielo; per invocare divinità marine si protendono le mani verso il mare o verso l’immagine cultuale. A un’immagine cultuale o a un santuario si deve un saluto, anche se si passa davanti senza particolari intenzioni […] oppure si accennava un bacio portando le mani alle labbra, eventualmente si può recitare una breve, semplice preghiera […].
Particolari atteggiamenti sono invece richiesti quando si vogliono invocare i defunti o gli dei inferi. I poeti narrano come il supplice si getti a terra e percuota il suolo con i pugni. Al più tardi a partire dal V secolo subentra, per quelle invocazioni con l’intento di maledire o recar danno a un qualche nemico, la muta ed eterna fissazione per iscritto.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 178-179]
PREGHIERA, SACRIFICIO e LIBAGIONE
Dalle parole di Burkert desumiamo che “sacrificio” e “libagione” sono strettamente connessi alla preghiera.
1.SACRIFICIO:
La preghiera era fondamentale anche durante il sacrificio alle divinità. Esso
è manifestazione festiva per una comunità. In particolare rilievo è posto il contrasto con la quotidianità: si fa il bagno, si indossano vesti pulite, ci si adorna, in particolare si si mette attorno al capo una corona fatta di rami intrecciati – usanza che non esisteva ancora ai tempi di Omero. Anche l’animale viene adornato, avvolto di bende; s’indorano le corna. L’animale viene accompagnato in processione fino all’altare […]. Una ragazza illibata, alla testa del corteo, reca sul capo un canestro sacrificale, con dentro il coltello nascosto da cereali e focacce. Viene portata anche una brocca per l’acqua e spesso in incensiere a colonna; non mancano i musicanti, per lo più suonatore o una suonatrice di flauto.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 148]
La preghiera era recitata da chi presiedeva il sacrificio:
risuonano alte e solenni parole d’invocazione, di desiderio, di voto, le mani levate verso il cielo; poi, come a convalida di quanto detto, tutti gettano i loro chicchi verso l’altare e la vittima del sacrificio; il alcuni riti si gettavano pietre.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, pp. 148-149]
2.LIBAGIONE:
La libagione consiste nel versare liquidi in favore delle divinità. Anche in questo atto fondamentale era la preghiera:
infatti la «libagione» rappresenta una forma di invocazione e di preghiera rivolta al dio: si riempie la coppa per pregare gli dei, la si porge colma all’ospite con l’invito a pregare anch’egli. La «libagione» è dunque condizione necessaria per ogni corretta invocazione divina.
[W. Burkert, La religione Greca, Jaca Book, Milano 2010, p. 171]
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