Una delle opere più affascinanti della letteratura antica è il De cuncubitu Martis et Veneris, tramandatoci nell’Antologia Latina ed attribuito a Reposiano.
Nell’opera, che non risparmia particolari sensuali, il tema fondamentale è il rapporto amoroso tra Marte e Venere.
Leggiamo insieme i versi (di cui ho inserito anche la traduzione) relativi all’amplesso vero e proprio e vediamo alcune delle opere raffiguranti il rapporto amoroso tra queste due divinità…
Iverat ad lectum Mavors et pondere duro
floribus incumbens totum turbarat honorem.
Ibat pulcra Venus vix presso pollice cauta,
florea ne teneras violarent spicula plantas,
et nunc innectens, ne rumpant oscula, crinem,
nunc vestes fluitare sinens, vix lassa retentat,
cum nec tota latet nec totum nudat amorem.
Ille inter flores furtivo lumine tectus
spectat hians Venerem totoque ardore tremescit.
Incubuit lectis Paphie. Pro sancte Cupido,
quam blandas voces, quae tunc ibi murmura fundunt!
Oscula permixtis quae tunc fixere labellis!
Quam bene consertis haeserunt artubus artus!
Stringebat Paphiae Mavors tunc pectora dextra
et collo innexam ne laedant pondera laevam,
lilia cum roseis supponit candida sertis.
Saepe levi cruris tactu commovit amantem
in flammas, quas diva fovet. Iam languida fessos
forte quies Martis tandem compresserat artus;
non tamen omnis amor, non omnis pectore cessit
flamma dei, trahit in medio suspiria somno
et Venerem totis pulmonibus ardor anhelat.
Ipsa Venus tunc tunc calidis succensa venenis
uritur ardescens, nec somnia parta quieta.
[Reposiano, De concubitu Martis et Veneris, 96-119]
Leggiamo insieme la traduzione in italiano
«Si stende Marte sul letto, sciupando col suo peso
la freschezza dei fiori. Si accosta in punta di piedi
la delicata Venere, guardinga per le spine;
annoda un po’ i capelli, perché i baci non li scompiglino,
e lascia fluttuare la veste, trattenendone un lembo,
scoprendo, senza mettere a nudo, la sua bellezza.
Le lancia Marte, tra i fiori, occhiate furtive
e a un soffio che gonfia la veste resta a bocca aperta.
S’abbandona la Pafia* sul letto ed all’amore.
Che baci, ora languidi ora ardenti, chiede la bocca
inesausta all’altra bocca! Le gambe stupende di Venere
non negano più l’ultimo dono della voluttà
all’ardore di Marte. Le membra aderiscono alle membra
come serpi avvinghiate. Preme Marte, col petto a destra
il seno della Pafia* e sotto il braccio sinistro, che cinge
il collo della dea, frappone gigli e fasci di rose.
Spesso, sfiorandola appena col tocco della gamba,
riaccende nell’amante fiammate di piacere.
Già un insolito languore spossa le membra di Marte;
ma non tutto l’ardore, non tutta la fiamma si placa.
Nel sonno, a pieni polmoni, sospira e anela al grembo
della dea, ancora caldo del suo amore fremente.
E Venere anch’essa, coi seni inturgiditi,
brucia d’amore e non trova quiete né sonno».
[Trad. it. C. Calabrò]
*Pafia: della città di Pafo, dove si trovava un importante santuario della dea.
Dalla loro unione, secondo Esiodo (Teogonia 934-937), nacquero Armonia, Fobos (Paura) e Deimos (Spavento), Eros (Amore) e Anteros (Amore Ricambiato).
Sensuale, licenzioso e accattivante… ma non bisogna dimenticare che Venere era moglie del dio Vulcano. Il rapporto con Marte, infatti, è frutto di un tradimento bello e buono, seppur divino!
Ti interessa l’argomento? Approfondiscilo nell’articolo Vulcano e il suo amor tradito.
Che ne pensi di queste opere? ti è piaciuto questo articolo? vuoi condividere con me e gli altri utenti un tuo pensiero o un approfondimento? hai qualche curiosità in particolare?
Non aspettare: commenta questo post!
Tutti i diritti riservati. È assolutamente vietata qualsiasi forma di riproduzione parziale o totale del testo e delle immagini di questo sito.
La coppia divina più sensuale!
Senza alcun dubbio…