Le Esperidi erano le Ninfe della Sera, dotate di abilità canore («che intonano canti»: Euripide, Ippolito v. 743) e con il compito di custodire preziosi tesori divini.
Sono, infatti, indirettamente collegate a diversi miti, tra i quali spiccano quello dell’undicesima fatica di Herakles, quello di Perseo e Medusa e quello del famoso pomo della discordia.
Procediamo con ordine…
Nomi e genealogia delle Esperidi
Le fonti non concordano sul numero esatto (tre, quattro, cinque, sette, undici) e sui nomi. Troviamo, infatti, diverse varianti nelle fonti letterarie, ma possiamo affermare che i nomi più frequenti sono Egle, Eritea, Esperia, Aretusa, Erica, Asterope, Krisoteme e Lipara.
Diversi sono pure i nomi dei genitori delle Esperidi, anche se la variante più diffusa è quella che le considera figlie della Notte (Nyx).
I nomi dei padri sono invece Atlante, Erebo (l’Oscurità, fratello della Notte), Espero (la Luce della sera) e Zeus.
Non mancano, infine, autori che si discostano totalmente dalla sfera notturna e le indicano come figlie di Forco e Ceto, di Temi o di Esperide.
Il Giardino delle Esperidi
Le Esperidi avevano il compito di proteggere il giardino di Era, dono nuziale di Zeus in occasione del suo matrimonio con la dea. La collocazione esatta del giardino non è dato saperla: questo è dovuto al fatto che le fonti posizionano le Esperidi in diversi luoghi e tutti distanti tra loro. Gli autori greci, tuttavia, le ricordano nell’estremo Occidente, oltre il fiume Oceano, e residenti in case tutte d’oro.
La caratteristica principale del giardino è che aveva al suo interno un melo dai frutti d’oro, considerati la fonte della luce dorata del tramonto.
Le Esperidi, quindi, avevano una compito tanto importante quanto difficile e per questo gli dei avevano posto a guardia del melo anche un drago immortale dalle cento teste, che parlavano con altrettante voci, di nome Ladone.
Era impossibile toccare o rubare i preziosi frutti, ecco perché Euristeo, re di Tirinto e fratellastro di Herakles, ordinò all’eroe di portargli questi pomi (undicesima fatica).
Le fonti riportano due varianti: nella prima l’eroe uccise il grande serpente durante l’impresa e, per volere di Era, il mostro divenne una costellazione; nella seconda, invece, Herakles ingannando Atlante. Secondo questa seconda versione, Ercole giunse da Atlante e lo trovò che sosteneva la volta del cielo sulle spalle. Gli propose un patto: in cambio di un po’ di riposo da quel terribile peso, Atlante avrebbe raccolto per lui tre pomi d’oro. Quando Atlante ritornò, si rifiutò di riprendere il suo posto, ma stupidamente si fidò di Ercole che acconsentì a tale rifiuto a patto che il gigante prendesse il peso il tempo necessario affinché l’eroe si fosse messo un cuscino sulle spalle. Una volta libero, Ercole fuggì con le mele.
I doni di Perseo
Le Esperidi, come abbiamo detto, custodivano i tesori degli dei. Proprio tra questi vi erano gli oggetti che Perseo usò per uccidere Medusa.
Il mito narra che il re Polidette ordinò a Perseo la testa di Medusa. Per l’impresa riuscì a procurarsi dei sandali alati, per spostarsi velocemente, una sacca magica (la kibisis) per riporvi la testa recisa e l’elmo di Ade (kunè) che rende invisibili: tutti oggetti custoditi dalle Esperidi.
Atena, inoltre, gli aveva fornito uno scudo lucido come uno specchio ed Ermes un falcetto per decapitare Medusa.
Giunse dalla Gorgone e le tagliò la testa mentre era addormentata e con l’aiuto dello scudo per non guardare direttamente negli occhi.
Compiuta l’impresa, diede la testa della Gorgone e restituì i sandali, la sacca e l’elmo a Ermes. Il dio, a sua volta, riconsegnò gli oggetti alle Esperidi.
Il pomo della discordia
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